Ovvero, bisogna sempre avere un po’ di follia e fare una vacanza nella vacanza, dunque, data l’economicità del viaggio da Leeds, mi sono diretto a Dublino in Irlanda. Così, a sfregio.
Breve storia. Avamposto Vichingo nel nono secolo che chiamano Baile Atha Caliath, creando così i primi insediamenti e sviluppando la popolazione stabile e in pace per un po’ di secoli. Gli anglo-sassoni invadono l’area nel dodicesimo secolo e dopo anni di resistenza, le popolazioni locali cedono, ma sempre con quell’astio tale da continuare atti di resistenza verso il regno. L’Irlanda conquista l’indipendenza coloniale, ma continueranno rivolte e guerre civili dovute alle differenze religiose. Dublino rimane comunque una città basata su un economia portuale. Punto di interscambio dell’intera nazione e porta verso l’Inghilterra e le rotte atlantiche.
Il primo impatto è quello di sentirsi nel regno unito dato il tempo atmosferico e la lingua principale, l’inglese, ma bastano i primi cartelli bilingue a farci cambiare idea. Inoltre già dall’aeroporto c’é un certo abuso del colore verde (in aeroporto puoi scegliere: flusso blu rimani in aeroporto e vai verso altre mete. Flusso verde: goditi l’Irlanda).
La Trinity, l’università di Dublino. Una delle più vecchie d’europa. Il campus è immerso nel centro della città e mischia strutture del 1700 con palazzi moderni.
A seguire ci si perde per le vie della città con i soliti negozi multinazionali di moda e qualche negozio di souvrnir. Degna una foto con la statua di bronzo di Molly Malone, pescovendola protagonista dell’omonima canzone popolare. Altri esempi sono il Dublin Castel, una delle sedi amministrative di stato, la Cattedrale di St. Patrick e la caratteristica Christchurch Cathedral con il suo arco centrale.
Sono stato un po’troppo veloce? Perché purtroppo è così. Dublino non mi ha impressionato e le attrazioni viste sono belle, sì, ma alla fine da una capitale ti aspetti altro. Alla luce del giorno appare come una qualsiasi città anglosassone, con qualche differenza e la famosa “irlandesità” non si vede. Rimango deluso.
Mi sposto cercando intrattenimento in un posto simbolo di dublino.
La Guinnes Storehouse nasce per togliere ogni sfizio agli amanti della Stout più famosa del mondo, e non solo ai cultori della birra, ma tutti quanti non siano a conoscenza della bevanda in generale. Il suo “museo” risiede nelle strutture dell’ancora attuale fabbrica che si trova sul terreno che Arthur Guinnes affittò per 9000 anni al prezzo simbolico di 45 sterline. Vi è ancora copia del contratto nel museo. I capisaldi della filosofia Guinnes sono la: la semplicità. Te lo fanno capire in tutti i modo che la Guinnes ha 4 ingredienti e più di quelli non mette. Acqua, orzo tostato, lievito e luppolo. Il segreto è nella fermentazione. Nel museo spieganano alla perfezione tutta la storia, la preparazione e cosa rappresenta per Dublino e gli irlandesi questa birra. Giro consigliato nonostante i 25euro di spesa, ma una birra è omaggio.
Dopo un sonno di qualche ora in un ostello (gli ostelli in centro città sono molto economici e validi) non mi sento soddisfatto e al calar del sole do un altra possibilità alla città. Ed poi la troviamo. Quell’aria irlandese che tutti quei finti pub irlandesi in Italia vogliono riproporre, ma falliscono miseramente. Temple Bar e i suoi locali. Ne facciamo incetta. È mercoledì e alle 20 sono pieni colmi di gente con un bicchiere pieno in mano di fronte a un palco sul quale suonano canzoni popolari irlandesi o cover sempre in chiave folk. Le gente urla, socializza, balla e beve, il tutto contornato da questi banconi stracolmi di bottiglie. È contagioso e nella mia testa l’Irlanda è così. Forse Dublino non è la migliore capitale europea. Forse non è l’essenza del turismo, ma è il punto di partenza verso quel mondo che si chiama Irlanda e probabilmente risiede in terre diverse da Dublino, ma da qualche parte si dovrà pur cominciare . Alla fine abbiam salvato capra e cavoli!