VIl mattino ha due sorprese. Due nuove compagne di viaggio. Non proprio nuovissime. Rottamate, perché di nostra conoscenza. Anita, che durante la notte ha viaggiato da Torino fino a Pescara alle 4 del mattino ci ha raggiunti in bicicletta. A sua detta c’erano solo i netturbini per strada ai quali chiedeva informazioni (forse i più increduli erano i netturbini, trovandosi un treno a due ruote sfrecciare a quell’ora). L’altro nuovo ingresso è Barbara, originaria di Ortona, ma oramai valsusina a tutti gli effetti. Accompagnerà Fulvio in furgone e quando capiterà pedalerà con noi.
Lasciamo la Zona22 e San Vito con l’alba di fronte. La giornata è nuvolosa, ma ad una temperatura ideale per chi pedala. Non conoscendo la strada siamo partiti con un discreto anticipo. L’obiettivo è Vasto in modo tale da poter prendere il treno per raggiungere Molfetta dopo un po’ di cambi. La statale Adriatica si dimostra piena di sali e scendi mai banali per il paesaggio, inoltre il traffico non è affollatissimo e ci stupisce la qualità del manto stradale. Paradossale che nonostante la presenza di dislivelli ci ritroviamo un’ora in anticipo a Vasto, in stazione. Rimaniamo spiazzati per la velocità che abbiamo maturato e Mariano, che scalpitava da un paio di giorni, propone di sgambettare fino alla stazione di cambio successiva, Termoli. Alcuni di noi accettano partendo immediatamente per la lunga strada per la nuova stazione, ma nuovamente siamo troppo veloci. Ci ritroviamo a Termoli in anticipi. A Mariano viene quasi voglia di proseguire fino a Foggia, ma lo imbavagliamo e buttiamo sul treno. Pasteggiamo con pane, formaggio e pomodori. Avremmo dovuto aggiungere gli affettati al pasto, ma abbiamo incastrato così bene le biciclette nel furgone che rinunciamo a cercare.
Durante il viaggio notiamo i cambiamenti dei paesaggi. Le colline si appiattiscono. Si comincia ad intravedere il Tavoliere.
Arriviamo a Molfetta in treno. Non fa un caldo mostruoso, ma è abbastanza normale. E’ aprile, non agosto, ma ciò non ci vieta un gelatino in attesa di scaricare le bici e ripartire per il sud. Destinazione Bari. Walter ha bisogno da un po’ di pezzi per la sua chitarra e si mette a cercare un negozio di musica per le strade di Molfetta. Scopre a sue spese che in Puglia, in un paese piccolo come Molfetta, le 16 sono orario di chiusura per la maggior parte dei negozi e quindi inutile sforzarsi a cercare e meglio godersi i viali lastricati e il lungomare che ci accompagna per lavia per Bari. La caotica Bari. “Se milano avesse il Mare sarebbe una piccola Bari” e come caos ci simo. L’abbiamo appurato. Sembra di superare una linea gotica per noi parinotti Piemontesi, e invece basta farc l’abitudine. Cambiano le regole stradali e comportamentali, ma il risultato è sempre lo stesso. Cerchiamo la Ex Caserma Liberata, una grande realtà a Bari.
Si parla di un ex caserma dell’esercito Regio abbandonato da 25 anni o più. L’esperienza di occupazione dei ragazzi che ci ospitano deve passare dal passato, dalle precedenti esperienze di occupazioni e lotte nel territorio. Lo sviluppo è maturo alla fine degli anni 2000, dove la richiesta abitativa da parte della popolazione è ampia. Si comincia occupando il Ferrhotel, realtà che riunisce coloro che necessitano di una soluzione abitativa non avendo trovato alcuna soluzione legale proposta dallo stato. La comunità somala è molto attiva in questo tipo di occupazione. Dopo numerose lotte per far fronte all’emergenza lavorativa si continua ad occupare a Bari dando la possibilità a tutti di avere un tetto sotto la testa.Si prosegue con una succesiva occupazione del socrate:ex liceo utilizzato come Spazio sociale che riunisce le problematiche riguardanti gli sbarchi sulle coste pugliesi. La necessità di far vivere tribù ed etnie diverse porta ad una tolleranza globale necessaria per la convivenza di queste persone. Sono anni particolari per l’occupazione a Bari, portando anchea conflitti necessari al risanamento di alcune strutture, ma senza trovare grandi soluzioni.
A pochi anni dalla chiusura di Villa Roth si occupa lo spazio attuale dell’ex caserma. Uno spazio immenso dove l’abbandono regnava e dove alcuni cercarono di impossessarsi in maniera legale del luogo, ma senza successo, i ragazzi aprirono semlicemente il cancello e si rimboccarono le maniche. Lo spazio gigantesco ascia spazio alle idee avendo come limite solamente la capacità di ognuno di realizzarele cose pensate. Lo spazio dell’ex casema accoglie ocllettivi come: Non solo marange (mutuo soccorso casa resistenza) Collettivo antispecista, collettivo femminista e collettivi studenteschi. Si tenta ancora di coinvolgere la comunià con la Palestra popolare box, yoga, brackdance, skate indor, teatro,Serigrafia, biblioteca, cicloffciina,
I ragazzi ci ospitano nello spazio diventando protagonisti di un dibattito con i no Tap. A seguire abbiamo gustato dell’ottima cucina!
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