Stranamente la partenza da Mantova è rapida e senza intoppi. Si piegano le tende nelle sacche, si mette nello stomaco una buona colazione e via, diretti verso Bomporto, la nostra meta successiva.
Incrociamo praticamente subito le strade ciclabili che ci portano facilmente alle nostre mete. La pedalata scorre velocemente e oramai si manifesta una routine di viaggio praticamente rodata. Si chiacchera in fila indiana, oppure i più disobbedienti, in perfetto stile no tav, si affiancano ai compagni di viaggio durante la via.
Quello che stupisce sempre è la volontà della gente di aiutarti in tutti i modi appena ti vede in difficoltà, o semplicemente un gruppo di allegri ciclisti porta felicità allegria. Per la strada incontriamo ciclisti che ci domandano da dove proveniamo e dove andremo. Ai nostri agricoltori del gruppo viene sempre la tentazione di fermarsi e chiedere ai loro “colleghi” informazioni sui vitigni, piantagioni e campi. E’ sempre bello vedere la disponibilità dei lavoratori.
La strada viene sbagliata solamente un paio di volte, dunque ci rechiamo con un discreto anticipo alla “Lanterna di Diogene”
Il personaggio di Diogene rappresenta a pieno la filosofia e l’idea che la cooperativa ha sposato. Diogene, filosofo cinico, viveva testimoniando principi di semplicità e autogoverno. La statua all’esterno della struttura lo rappresenta vestito solo di un mantello, simbolo della sua frugalità, con una lanterna tenuta in alto a cercare “l’uomo”, perché difficile da vivere l’autenticità che qualifichi un essere umano degno della parola, non trovando nella società ateniese nessuno tale da definire “uomo”.
La storia della cooperativa sociale “La lanterna di Diogene” nasce da una costola del Centro di Terapia Integrata per l’Infanzia che si trova nella sponda opposta alla struttura ospitante la cooperativa, sul fiume Panaro. Il progetto nasce dai sogni che un po’ tutta l’umanità esprime quando si avvicina al mondo del lavoro: fare un lavoro che piace, che dia soddisfazione, fatto insieme alle persone con le quali si sta bene assieme. Hanno pensato ad un mondo che potesse includere chiunque ne avesse desiderio, anche persone con sindrome di Down, autismo, paralisi cerebrale infantile, solo per fare alcuni esempi. Oggi quel sogno è realizzato da un gruppo di persone estremamente eterogeneo, ogni giorno, insieme lavora la terra, alleva gli animali, costruendo la propria quotidianità in una grande adrenza alla vita vera. L’avventura è partita solamente con la parte agricola nel 2003 e nel 2006 hanno aperto l’osteria sentendo l’esigenza di trasformare i prodotti offerti dalla terra, animali e ortaggi, in piatti da offrire agli avventori. La scelta di un mondo “a bassa velocità”, viene dal desiderio di includere anche persone con patologia. Lo stile iper-produttivo della società odierna è contrario a questo tipo di inclusione. La scelta del tipo di lavoro che svolge l’osteria verte sulla qualità e non sulla quantità. I prodotti che non provengono dal lavoro del gruppo vengono selezionati accuratamente scegliendo piccoli produttori del territorio per sostenere un’agricoltura non intensiva e che restituisca la dignità e soddisfazione a chi la ricerca. I prodotti frutto del lavoro del gruppo non seguono i dettami del “biologico”, ma ricercano nell’ambito del NATURALE nel rispetto profondo dei cicli della natura e della sua capacità di produrre con il minimo intervento umano.
Al nostro arrivo quello che ci troviamo davanti è una struttura immensa gestita dai suoi soci: i ragazzi della cooperativa che impersonano a pieno tutti i pensieri snoccolati nelle parole precedenti. Una collettività di ragazzi di nostra conoscenza già da anni perché sostenitori del movimento fin dal principio, al punto da essere veri Valsusini acquisiti. Ci commuoviamo ad essere trattati come gente famosa. I ragazzi ci portano a perlustrare questo paradiso, che ripetiamo, è gestito da loro. Si riconosce la fierezza del loro operato quando ti descrivono i campi coltivati, o i recinti dei maiali liberi nel bosco. Un aspetto importante del lavoro nella cooperativa è la LIBERTA’. I ragazzi sono liberi di scegliere il lavoro da svolgere nell’azienda a seconda delle loro preferenze e semmai cambiarle. Parliamo con alcuni di loro, ad esempio Matteo, il quale predilige accudire gli animali, ma non ci nasconde che ha varie passioni come l’arte, la Ferrari, i draghi e i videogames. Nadia invece ci dice che preferisce dare da mangiare alle galline, ma anche lavorare in sala e si vede dal suo modo di voler aiutare tutti noi, spaesati all’interno della struttura. Parliamo, urliamo e cantiamo ancora con Matteo, Nico, Jack,Ludovica, Maia, Sara, Federica, Simona, Giovanni, …. tutti i ragazzi che compongono questa comunità. Da menzionare con merito la loro accoglienza oltre ogni limite, offrendoci una serata a base di ottime vivande e dell’ottima musica eseguita dai Naigarten. Il nome del gruppo prende origine da un vitigno locale e riunisce componenti provenienti da diverse esperienze musicali cominciando con la musica kletzmer e spaziando a brani originali che verranno prodotti presto.
Ci sentiamo veramente a casa.
Tralascio per un giorno i commenti impietosi sui vostri doloranti deretani, e mi concentro sullo scrittore, non posso fare a meno di commuovermi leggendo il commento a corollario delle vostre epiche imprese. Bravo Davide e bravissimi tutti voi.
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Caro Piero, siamo felici delle tue emozioni. Quello che leggi non è tutta farina del sacco di Davide, ma una collaborazione di scrittura tra tutti, interpellando soprattutto le realtà che ci ospitano. Grazie mille!
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Ok, alla grande, infatti i complimenti sono per voi eroi del pedale e della tastiera. Ognuno sente male alla parte che più usa. A parte le battute ancora bravi a tutti.
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